Il documentario che ha vinto il premio del pubblico al Sundance Film Festival del 2014 intitolato Alive Inside apre una nuova prospettiva nella cura della demenza di Alzheimer: l’ascolto della musica è in grado di attivare ricordi ed emozioni in anziani con quadro di demenza conclamato.
L’uso terapeutico della musica è diventato essenziale negli Stati Uniti e in Canada in tutti i contesti in cui si trattano pazienti con demenza: nelle case di riposo, nei centri diurni o a domicilio. Non è necessario personale specializzato, non stiamo parlando di musicoterapia o musicoterapisti, sono sufficienti un iPod e una playlist personalizzata che contenga brani musicali significativi per la persona che ascolta: a questo scopo è utile condurre un’indagine dettagliata del genere di musica preferito e dei brani a cui il paziente è più affezionato anche risalendo ad alcuni decenni prima.
La musica il movimento e la parola sono strettamente collegati nel cervello umano e quando è presente un deficit motorio o cognitivo come nella demenza di Alzheimer si può utilizzare la musica a scopo riabilitativo. D’altra parte l’ascolto della musica è collegato nel bambino allo sviluppo delle capacità motorie e comunicative e accompagna tutta la crescita; nell’adolescenza si forma addirittura una “colonna sonora” individuale che procede di pari passo con la conquista dell’indipendenza e con le prime esperienze affettive. Non si può non citare anche l’uso integrato della musica e del movimento a scopo terapeutico nella EURITMIA, o espressione del giusto ritmo, proposta da Rudolf Steiner nel 1921 come parte della medicina antroposofica: nell’euritmia si fondono linguaggio e movimento, musica e movimento. Mentre noi comunemente pensiamo che la musica sia collegata ai ricordi e alle emozioni Steiner aggiungeva che ad ogni suono corrisponde un movimento.
L’introduzione su larga scala della musica nella terapia della demenza di Alzheimer e di altri deficit cognitivi o motori si deve a Dan Cohen ed alla sua organizzazione non-profit Music & Memory. Dan Cohen aveva osservato che mentre tutti i giovani e molti adulti e anziani posseggono un iPod e lo utilizzano per ascoltare i brani preferiti, nelle case di cura per anziani con Alzheimer questo strumento è praticamente sconosciuto. La musica che si ascolta proviene di solito dalla radio o viene diffusa nei luoghi di incontro, ma dal momento che non si tratta di brani scelti dai pazienti, viene percepita come rumore di fondo e spesso spinge gli ascoltatori a chiudersi ancora di più in sè stessi. Ben diverso è l’effetto di brani musicali riconoscibili e con un significato personale nello storia dell’ascoltatore: la musica fa riaffiorare ricordi ed emozioni e sembra scongelare personalità ibernate dall’avanzare dell’età. Con l’ascolto della musica si può anche ridurre l’agitazione e l’uso di farmaci sedativi e antipsicotici che aggravano il declino cognitivo del paziente con Alzheimer.
Il segreto del risultato terapeutico della musica è semplice: interrogare le persone che hanno vissuto insieme al paziente e scoprire quali sono stati i brani e i generi musicali a cui è affezionato, creando una play-list musicale personalizzata da riproporre per l’ascolto quotidiano: l’effetto può essere sorprendente! Visto che prevenire è meglio che curare consiglio a tutti gli anziani di ascoltare la loro musica preferita e dato che oggi non esistono più giradischi e le radio trasmettono musica moderna se si avvicina un compleanno o una festività facciamo un regalo ai nostri nonni.
Autore: Domenico Piazza